I Cetacei sono tra i più strabilianti organismi viventi del nostro Pianeta. Da sempre, fin dalla storia antica, questi animali hanno suscitato la curiosità dell’uomo. Plinio il vecchio raccontava storie in cui uomini e delfini convivevano, ma non sono poche le leggende o i romanzi i cui protagonisti sono giganteschi mostri marini che inghiottivano navi e marinai.
Odontoceti e Misticeti
I Cetacei detengono oggi il primato dei più grandi animali esistenti sulla Terra, grazie ai 30 metri balenottera azzurra, seconda soltanto al titanosauro patagonico, vissuto 95 milioni di anni fa.
Vengono suddivisi in due grandi gruppi: odontoceti e misticeti.
- Agli odontoceti appartengono molte specie tra cui il delfino, l’orca (Orcinus Orca), il beluga e il più grande predatore al mondo, il capodoglio.
- Ai misticeti appartengono invece balene, balenottere e megattere. A differenza dei primi, però, questi organismi non possiedono denti, ma delle enormi spazzole chiamate fanoni, adatte a filtrare plancton e piccoli pesci.
Sono tutti mammiferi, quindi possiedono molte caratteristiche dei loro parenti terrestri: sono placentati, respirano con i polmoni e sono dotati di sangue caldo. Eppure si potrebbe dire che la loro evoluzione si sia verificata con un meccanismo contrario rispetto a quello dei loro cugini che vivono sulla terraferma.
Nella storia del nostro Pianeta, i vertebrati terrestri derivano da antenati marini che successivamente si sono adattati a vivere fuori dall’acqua, mentre per i Cetacei la storia è andata diversamente.
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Un salto nel passato
Dobbiamo fare un salto nel passato, 53 milioni di anni fa, quando l’uomo ancora non esisteva e la Terra non era completamente suddivisa nei continenti come li conosciamo oggi.
Cercando tra la vegetazione avremmo incontrato un piccolo artiodattilo terrestre, il Pakicetus: era un carnivoro grande come un cane, possedeva degli zoccoli, il pelo e una grossa coda.
E come è stato possibile associare questo bizzarro animaletto ad un delfino o ad una balena?
Attraverso lo studio della struttura del suo orecchio e del suo cranio, paragonabili soltanto ai quelli dei cetacei attuali. Sebbene questo strano animale non fosse strettamente legato al mondo acquatico, l’evoluzione ha portato i suoi successori ad avere abitudini anfibie, come l’Ambulocetus che assomigliava ad un coccodrillo, sebbene fosse un mammifero completo.
Ma è con il Basilosauro che facciamo il vero salto nel mare: era lungo 18 metri e aveva un corpo affusolato simile a quello di una balena, ma possedeva ancora delle piccole zampe posteriori, ormai andate completamente perdute nelle specie attuali.
Ci sembrerà strano, ma le prime balene avevano i denti ed erano carnivore, solo successivamente hanno evoluto i fanoni perdendo il comportamento predatorio.
A partire tra i 34 e i 23 milioni di anni fa, circa, avvenne una vera e propria “radiazione evolutiva”, un’esplosione di forme di vita diversificate che hanno portato alle attuali 81 specie di cetacei “moderni”.
I Cetacei visti da vicino
Se osserviamo un esemplare di Cetaceo da vicino, possiamo vedere come l’evoluzione lo abbia trasformato in un animale perfetto per vivere nel mare.
- La sua pelle è liscia.
- I peli sono assenti o sono modificati in setole sensoriali.
- Le zampe anteriori possiedono ancora le falangi, ma sono avvolte da uno spesso strato di pelle, che ne configura la forma di una pinna.
- Delle zampe anteriori, scomode e inadatte per il nuoto, sono rimasti solo due ossicini del bacino.
- Infine, la pinna caudale è completamente diversa da quella dei pesci, non ha una struttura scheletrica, ma è fatta di tessuto connettivo, e si estende in orizzontale.
Il corpo dei Cetacei è affusolato e idrodinamico e da lontano sembra molto simile a quello di un pesce.
In natura infatti quando una forma adatta ad una determinata funzione è vincente può essere “copiata” e ripetuta in organismi completamente diversi, ma che hanno le stesse necessità: questa strategia viene definita convergenza adattativa.
Quando vediamo una balena da una barca, la cosa che ci colpisce è il suo “soffio”, un getto di vapore acqueo che in alcuni casi raggiunge i 7-9 metri di altezza.
Ancora non si conosce il percorso evolutivo preciso, ma lo sfiatatoio rappresenta di fatto le narici che, invece di trovarsi in posizione frontale, sono situate sopra il capo, probabilmente per disperdere meno energia durante la respirazione in superficie.
Il getto di vapore che viene espulso non è altro quindi che aria espirata e che, con il calore del corpo dell’animale si è riscaldata, e a contatto con la temperatura esterna si trasforma in condensa.
Ora, un subacqueo si chiederà come possano respirare questi animali senza incorrere a problemi di pressione o circolatori. Questo avviene attraverso una moltitudine di meccanismi interni, tra cui:
- Una maggior concentrazione di ossigeno nel sangue
- La riduzione dei battiti cardiaci in immersione
- Il collasso dei polmoni
- E soprattutto una fitta rete capillarizzata in grado di catturare bolle di azoto e rilasciarle lentamente durante le pause tra un’immersione e l’altra.
La natura ha quindi trasformato dei semplici animali quadrupedi, nei più strabilianti giganti del mare. Non ci resta quindi che partire per la prossima avventura, e sperare di incontrarli presto!